Canto popolare: la lezione di Giovanna Marini al concerto per i suoi 80 anni

Canto popolare: la lezione di Giovanna Marini al concerto per i suoi 80 anni

Un patrimonio culturale di inestimabile valore legato a una civiltà prevalentemente agricola rintracciabile nel nostro paese prima che iniziasse il processo di industrializzazione.

Un concerto, quello dedicato a Giovanna Marini per festeggiare i suoi ottanta anni presso l’Auditorium della Musica di Roma, è per noi tutti una “lezione” dedicata al canto popolare e politico del secolo appena archiviato. Ci troviamo dinanzi a un patrimonio culturale di inestimabile valore riproposto nel segno della cultura popolare come accade da secoli con la tradizione melodica orale del nostro Paese.

Il canto popolare (stornelli, ninne nanne, serenate, inni di rivolta e protesta) espressione di cultura delle classi subalterne, di cui testimonia i sentimenti, le aspirazioni e le lotte, in Italia era legato alle culture regionali e sottoregionali ed a quella civiltà prevalentemente agricola rintracciabile nel nostro paese prima che iniziasse il processo di industrializzazione. Una tradizione corale che, pur avendo subìto nel corso degli anni contaminazioni sonore e linguistiche, è riuscita ancora una volta a coniugarsi con la creazione collettiva. E di questo il merito va tutto intero a Giovanna Marini e ai suoi compagni di strada che hanno tramandato e rinnovato i suoni e le voci di questa nostra storia che viene da lontano.

Tutte queste esperienze, rafforzate e riportate in auge negli ultimi anni, anche attraverso la collaborazione con Francesco De Gregori, hanno fatto sì che particolarmente in Italia la Marini fosse identificata prevalentemente come una Folk Singer, una Etnomusicologa, una “passionaria” del canto politico, in realtà la sua vera forza sta nello stile di composizione, nelle sue creazioni artistiche come autrice delle musiche e scrittrice dei testi dei brani proposti su cui imprime in modo indelebile uno stile personale spesso generato attraverso percorsi artistici quanto mai diversi fra di loro e per molti aspetti irripetibili.

Il Canzoniere Anticolano di Fiuggi

Giovanna Salviucci, in arte Giovanna Marini, cognome preso dal matrimonio con il fisico nucleare Pino Marini, nasce a Roma nel 1937 da due artisti di musica classica, nel ‘59 si diploma in chitarra classica presso il conservatorio “Santa Cecilia “ di Roma, perfezionandosi in seguito con il grande maestro Andrès Segovia.
Già giovanissima, grazie anche ai suoi interessi culturali ed alle frequentazioni di un gruppo di intellettuali – tra cui Pier Paolo Pasolini, Diego Carpitella, Roberto Leydi, Gianni Bosio e il gruppo del Nuovo Canzoniere Italiano – si interessa alla ricerca di ciò che all’epoca si definiva musica popolare e di protesta, quella dei contadini, dei pastori, degli operai, ponendo particolare attenzione agli aspetti formali e agli elementi di rilevante peculiarità (i timbri, i colori vocali, i micro intervalli) delle espressioni musicali ascoltate.

Numerose sono state in quegli anni le tournée, nonché i concerti e le incisioni discografiche fatte in collaborazione con alcuni grandi intellettuali, particolare attenzione meritano la partecipazione nel 1964 all’evento “Bella Ciao” di Spoleto e “Ci ragiono e canto”, con regia di Dario Fo.

Giovanna Marini intraprende la sua attività da solista, dopo aver prodotto la ballata Vi parlo dell’America nata durante una breve parentesi a Boston con il marito, il suo lavoro è da sempre contraddistinto dall’originalità dei testi, le sue produzioni sono un’alternarsi tra brani nuovi, da lei stessa scritti, e rielaborazioni testi della tradizione, reinterpretati secondo la logica dell’Hic et nunc: la musica “prodotta” dal vivo in una interazione tra palcoscenico e platea, in una commistione tra artista e pubblico.

Nel 1974 è a Roma fra i fondatori della Scuola di Musica Popolare del Testaccio, insieme con jazzisti come Giancarlo Schiaffini ed Eugenio Colombo, nel 1976 crea Quartetto Vocale, formazione musicalmente duttile, con cui approfondisce le enormi possibilità espressive della voce femminile scrivendo varie “cantate” (celebre quella in morte di Pier Paolo Pasolini), ossia cicli di brani polifonici inframmezzati da narrazioni declamate, recitate, dall’autrice che si accompagna alla chitarra, evocando nei modi e nella sostanza, la figura del cantastorie. Dalla fine degli anni Settanta, lavora in Europa e particolarmente in Francia come compositrice di musiche di scena per il teatro.