Nonno Emanuele e… il suo tempo

  • Formato 15 x 21
  • Pagine 112
  • Immagini in bianco e nero
  • Euro 15,00
  • Edizioni Festa Mobile
  • Data di pubblicazione: settembre 2022

Incipit

dal primo capitolo: “La famiglia”

“ … Era un uomo molto intelligente, intuitivo, vivace, forte e sicuro di sé ma anche brontolone e molto prepotente ed io ho sofferto molto i primi tempi ma… mi ha insegnato tante cose… Mi ha insegnato tante cose”: così lo descrive la nuora, zia Elisa, moglie del figlio Ruggero, che ha vissuto con mio nonno per circa dieci anni quando si è sposata, perché ormai nonno era rimasto solo dopo che anche l’ultima figlia, zia Italia, si era trasferita in Israele. “Era però molto affettuoso con i nipoti specialmente con il mio primogenito che portava il suo nome, il nostro rapporto poi è diventato con gli anni di grande stima ed affetto” conclude il suo ricordo Elisa Alatri, la morà.

Ma chi era nonno Emanuele? Era figlio di David Ascarelli e di Regina Rosselli, nato il 28 dicembre 1865. Probabilmente nacque in piazza Giudia, dove gli Ascarelli abitavano e vivevano in nuclei domestici, tutti imparentati, come risulta da un censimento del 1731 in cui si legge che Samuel, Pellegrino e David Ascarelli che fino a quel momento “avevano vissuto in comune e in compagnia del loro negozio, procedono alla divisione dei loro beni ereditati dai loro genitori”.

La casa degli Ascarelli ospitava quarantasette persone divise in sette famiglie delle quali tre di Ascarelli più altri con cui erano imparentati. Angela Groppi nel libro “Gli abitanti del ghetto di Roma” nella “Descriptio Hebreorum del 1733” scrive tra l’altro che “alcuni dei suoi membri (della famiglia)” tutti cugini, decidono di fare, due anni prima della redazione della descrizione delle famiglie del ghetto  del 1733, la divisione dei loro beni, ereditati dai genitori, cioè i tre fratelli Samuelle, Pellegrino e David che avevano vissuto “in comunione et in compagnia del loro negozio” e che possedevano “pro indiviso alcuni stabbili posti tanto in ghetto, che fuori del ghetto, come dalla Pianta e Perizia rispettivamente del signor Filippo de Romanis, Perito Architetto comunemente eletto dalle suddette Parti”. Il corpo di case, posto in Piazza Giudìa e posseduto in comune dai cugini Ascarelli, si sviluppava su cinque piani, con diversi appartamenti, logge, mezzanini, cantine, botteghe e botteghini (fuori del ghetto) ed era stimato per una somma cospicua di quasi 5.000 scudi romani. 

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