Giorno della Memoria 2018: 80 anni dopo le leggi razziali in Italia

La pagina di storia, scelta dalla Fondazione Levi Pelloni per celebrare il Giorno della Memoria 2018, è dedicata alla legislazione antisemita varata del regime fascista nel 1938.

Questo anniversario è stato scelto, in occasione degli incontri con gli alunni delle scuole di Fiuggi (Fr) e Valmontone (Rm) per celebrare il Giorno della Memoria 2018, per interrogarsi su una delle pagine nere della storia del nostro Paese e sulla vicenda più vergognosa della sua storia unitaria: la legislazione antisemita varata dal regime fascista fra l’estate e l’autunno del 1938. Un dispositivo che di colpo, e senza apparente motivo, trasformava i circa 47.000 ebrei italiani in cittadini di serie B, negando loro, fra l’altro, l’accesso alle cariche pubbliche e all’insegnamento, limitandone le attività economiche e vietando i matrimoni misti.

Una pagina di storia, troppo spesso trascurata, riproposta da Pino Pelloni con la testimonianza di Luciana Ascarelli. Quella degli italiani nel tempo della discriminazione razziale fu, sempre fatte le dovute eccezioni, una storia di meschinità, di egoismi, di tradimenti: nel migliore dei casi, di superficialità e di sottovalutazioni. Venne però il momento in cui quella storia si tramutò in tragedia: con l’occupazione nazista dell’Italia centro-settentrionale, con la nascita della Repubblica Sociale e soprattutto con la razzia nel ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, la discriminazione diventò persecuzione aperta. E le leggi razziali del ’38 diventarono premessa e fattore coadiuvante della deportazione e dello sterminio di 6800 ebrei italiani. Ma va anche ricordato che la grande maggioranza degli ebrei italiani si salvò grazie all’aiuto di altri italiani, magari gli stessi che pochi anni prima non si erano dati troppa pena per il macroscopico sopruso perpetrato a danno degli israeliti.

Fondamentale fu l’intervento della Chiesa che, al di là del prudente “silenzio” di Pio XII, soprattutto a Roma nel “lungo inverno” 1943-44, diede ampio asilo in chiese e conventi a chi fuggiva dalla persecuzione. Ma moltissimi furono i comuni cittadini che nascosero parenti, amici e conoscenti nelle loro case, spesso fornendoli di documenti falsi, pur sapendo di andare incontro a rischi (questa volta sì) davvero mortali. Come se l’entità del pericolo favorisse, anziché scoraggiare, i comportamenti virtuosi di tanti eroi per caso.

IL FASCISMO RAZZISTA

Nell’Italia fascista, gli ebrei (circa 47 mila, su una popolazione italiana totale di oltre 41 milioni di abitanti) vivevano integrati con il resto della popolazione: come tra tutti gli italiani, anche tra gli ebrei c’erano i fascisti e gli antifascisti, i più ricchi e i più poveri, i più istruiti e i meno istruiti. In più va detto che la comunità ebraica italiana (quella di Roma in particolare) era la più antica comunità ebraica d’Europa (presente nella Penisola fin dal II secolo a.C.).

Negli anni ’30, il regime fascista cominciò a percorrere la strada del razzismo: con la guerra d’Etiopia (1935-1936), quando cioè l’Italia aggredì e poi annesse il paese dell’Africa Orientale, si sviluppò l’idea di evitare il “rischio” di una popolazione di “meticci”, cioè di persone nate dall’unione tra italiani bianchi e africani neri. In questo modo il fascismo produsse le prime norme di stampo razzista, vietando il matrimonio tra bianchi e neri.

In pochi mesi il razzismo diventò anche antisemitismo (ostilità contro gli ebrei), cioè quella forma particolare di razzismo che era molto diffusa in Europa in quegli anni: nella Russia zarista di inizio secolo, nella Germania nazista, nella Polonia della dittatura militare. Nei primi mesi del 1938 anche in Italia ci fu una violenta campagna antisemita, che portò il regime fascista a promulgare, tra settembre e novembre, le “leggi razziali”, cioè delle leggi in cui si diceva che gli italiani erano “ariani” e che gli ebrei non erano mai stati italiani. Il 14 luglio venne pubblicato il tristemente famoso “Manifesto del razzismo italiano” poi trasformato in decreto, il 15 novembre dello stesso anno, con tanto di firma di Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d’Italia e imperatore d’Etiopia “per grazia di Dio e per volontà della nazione”. Il 25 luglio, il ministro della cultura popolare Dino Alfieri e il segretario del partito fascista Achille Starace si erano premurati di ricevere “un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane che avevano, sotto l’egida del ministero della cultura popolare, redatto il manifesto che gettava le basi del razzismo fascista”.

Con il manifesto e con le leggi successive, agli ebrei venne proibito, tra l’altro, di prestare servizio militare, esercitare l’ufficio di tutore, essere proprietari di aziende, essere proprietari di terreni e di fabbricati, avere domestici “ariani”. Gli ebrei venivano anche licenziati dalle amministrazioni militari e civili, dagli enti provinciali e comunali, dagli enti parastatali, dalle banche, dalle assicurazioni e dall’insegnamento nelle scuole di qualunque ordine e grado. Infine, i ragazzi ebrei non potevano più essere accolti nelle scuole statali. Insomma una vera e propria tragedia per migliaia di persone.

Agli ebrei fu vietato tra l’altro: di essere portieri in case abitate da ariani, esercitare il commercio ambulante, essere titolari di agenzie d’affari, di brevetti e varie, il commercio dei preziosi, l’esercizio dell’arte fotografica, di essere mediatori, piazzisti, commissionari, l’esercizio di tipografie, la vendita di oggetti d’arte, il commercio dei libri, la vendita di oggetti usati, la vendita di articoli per bambini, la vendita di apparecchi radio, la vendita di carte da gioco, l’attività commerciale ottica, il deposito e vendita di carburo di calcio, l’impiego di gas tossici, essere titolari di esercizi pubblici di mescita di alcolici, la raccolta di rottami metallici e di metalli, la raccolta di lana da materassi, l’ammissione all’esportazione della canapa, l’ammissione all’esportazione di prodotti ortofrutticoli, la vendita di oggetti sacri, la vendita di oggetti di cartoleria, la raccolta di rifiuti, la raccolta e la vendita di indumenti militari fuori uso, la gestione di scuole da ballo, di scuole di taglio, l’esercizio del noleggio di film, la gestione di agenzie di viaggio e turismo, di possedere la licenza per autoveicoli da piazza, la pubblicazione di avvisi mortuari e di pubblicità, l’inserimento del proprio nome in annuari ed elenchi telefonici, di essere affittacamere, di possedere concessioni di riserve di caccia, di detenere apparecchi radio, di essere insegnanti privati, di accedere alle biblioteche pubbliche, di far parte di associazioni culturali e sportive di essere titolari di permessi per ricerche minerarie, di esplicare attività doganali, di pilotare aerei di qualsiasi tipo, di allevare colombi viaggiatori, di ottenere il porto d’armi, di fare la guida e l’interprete.